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20 febbraio 2006

I Cavesi che hanno fatto grande Cava - Prima puntata: Gino Palumbo

Ogni Città ha la sua "Hall of Fame". Cava ne ha una piena di persone speciali che le hanno dato lustro. Impariamo a riconoscere queste persone. Non perdiamone la memoria. Avere un maestro del giornalismo italiano che è nato a pochi metri dal Duomo non è cosa da tutti. A scrivere le righe che seguono è stato Vincenzo Paliotto. Il mio personale ringraziamento e quello di tutta la Redazione non è solo di circostanza,ma è il concreto atto di riconoscenza di chi sa che nel suo space può vantare l'articolo scritto da una delle memorie storiche della Cavese, nonostante la giovane età... Egli stesso avrebbe voluto che lo si pubblicasse in due parti,ma è talmente interessante che lo leggerete tutto d'un fiato e quando sarete arrivati in fondo vi dispiacerà. Buona lettura... JdA Gino Palumbo, il giornalismo nel sangue di Vincenzo Paliotto Non è dato sapere come il talento si manifesta e ripresenta negli uomini nella loro fase adolescenziale, ma senza ombra di dubbio si può sostenere , come del resto egli stesso amava dire, che Gino Palumbo è nato con il giornalismo nel sangue. Se Gianni Brera è stato definito, peraltro discutibilmente, come la massima espressione del giornalismo sportivo italiano di ogni epoca, senza dubbio Gino Palumbo ne è stato il campione, il fuoriclasse assoluto dal punto di vista dei record di tiratura e copie vendute dei quotidiani sportivi. Una capacità che hanno portato ad etichettarlo come il giornalista-manager dell’editoria italiana. Il giornalismo sportivo appunto ha toccato, guidato dall’insaziabile ed inarrestabile Gino Palumbo, traguardi fino a quel momento non solo mai raggiunti, ma addirittura impensabili. La sua impostazione editoriale influenzò quella che sarebbero state in questo ambito le direttive dei successivi trent’anni. Palumbo nasce il 10 gennaio del 1921 a Cava de’ Tirreni da Amedeo Palumbo, avvocato di ideali socialisti, e da Rosalia Bellet, di chiari origini francesi. La famiglia visse fra la propria casa di Napoli e quella di Cava de’ Tirreni, situata nel Palazzo Palumbo, proprio all’angolo con Piazza del Vescovado, dove il piccolo Gino era nato. Conservò un rapporto con la valle metelliana consolidato, condito da affetti ed amicizie importanti, non solo di carattere sportivo. Furono proprio i parenti e gli amici cavesi ad ogni modo ad incoraggiarlo più di altri verso l’avventura nella professione giornalistica. Aspirazione spesso ostacolata dai genitori, più propensi ad insediarlo negli studi legali del padre di Roma e Cava. Ma come detto, Gino Palumbo aveva il giornalismo nel sangue e cominciò a scrivere già piccolo di età. Nel 1935, infatti, è già collaboratore della Gazzetta dello Sport, presso la redazione napoletana guidata da Arturo Collana. La gavetta è lunghissima, ma nel ’38 ottiene la firma degli articoli, peraltro con un siglato Gi. Pa. Nel 1944 passa al nascente giornale La Voce, che esce il 7 agosto del ’44 come quotidiano dei lavoratori del Mezzogiorno. Comincia ad emergere la sua classe di giornalista ed organizzatore. Nel 1945 lancia La Voce dello Sport, settimanale sportivo del Mezzogiorno. Il giornale aumenta rapidamente le vendite e Palumbo viene inevitabilmente notato da Il Mattino, diretto da Giovanni Ansaldo. Palumbo passa alle colonne del quotidiano partenopeo nel 1950, alla guida dei servizi sportivi. Commenta appassionatamente le vicende del Napoli, ma non trascura, anzi rivaluta il cosiddetto calcio minore e le altre discipline sportive. Infatti, rilancia la disputa del Giro della Campania di ciclismo, grazie alla profonda e genuina amicizia stretta con Fausto Coppi, che partecipa a tutte le edizioni di questa competizione organizzate dal giornalista del Mattino. Il destino lo riporta anche sulle tracce della Cavese che lo ha visto nascere. Spesso è inviato sul campo dove sono di scena gli aquilotti. Tuttavia, le pagine del Mattino non sono più sufficienti per contenere la verve sportiva di Palumbo, che il 26 ottobre del 1953 fonda con Egidio Stagno Sport Sud, periodico interamente dedicato agli avvenimenti sportivi del Meridione. Attraverso la pubblicazione di questo nuovo giornale di successo propone iniziative nuove e valide verso le realtà calcistiche minori e non solo. E’ tra i primi a proporre le rappresentative regionali per dilettanti, una vetrina che permette a tanti talenti di uscire fuori dall’anonimato. La sua professionalità ha ormai da tempo valicato le dimensioni regionali e del centro-sud, essendo ormai le sue capacità più che note anche alle redazioni dei grandi quotidiani nazionali. Ed è proprio da uno di questi che giunge una proposta irrinunciabile per la sua carriera. Lo chiama, infatti, nientemeno che il Corriere della Sera, diretto da Alfio Russo con la chiara intenzione di rilanciare la testata anche nella veste sportiva. Palumbo arriva a Milano spaesato ed immalinconito il 6 gennaio del 1962. Nonostante tutto, non tarda ad ambientarsi nella realtà milanese, dove trova terreno fertile per raggiungere i risultati prefissati. Del resto ha qualcosa in comune proprio con Alfio Russo, anche lui uomo del sud e che ha sposato una cavse doc come Ada Rispoli. Al Corsera coglie subito un risultato importante, dotandolo di pagine sportive succose ed efficienti, con servizi fino a quel momento del tutto estranei nell’impaginazione del giornale. In pochi mesi rivoluziona la redazione sportiva del Corriere, tanto da mettere in crisi gli avversari del “Giorno”, capitanati da Brera. L’acerrimo rivale meneghino inizia a nutrire sentimenti di disprezzo verso il “bianco del sud”,così come con toni razzisti identifica Gino Palumbo. Ed inoltre etichetta il Corriere della Sera come Partenope Sera per le firme dello stesso Palumbo e Ghirelli, entrambi della Campania. La rivalità tra Brera e Palumbo è ormai riconosciuta e documentata. I due si fanno portavoce di un calcio diverso per tattica e valori. Difensivo e critico quella di Brera, offensivo e spettacolare quello di Palumbo. Riescono persino a scazzottarsi nella tribuna stampa dello stadio Rigamonti nel corso di un Brescia-Torino del 1965. Intanto la sua ascesa nelle gerarchie del Corriere è prorompente, anche quando nel ’68 la direzione del giornale passa da Russo a Giovanni Spadolini, che lo nomina vice-direttore. Il 4 dicembre del 1972, comunque, accetta l’offerta di dirigere il Corriere d’Informazione, per una nuova ed accattivante sfida editoriale. Il giornalista-manager ci crede, ma gli sono fatali dei titoli a caratteri cubitali poco conformi all’etica del paese e al clima politico quali “I metalmeccanici hanno sempre ragione” e “Signor Ministro, si dimetta!”. Il 29 maggio del ‘75, infatti, lascia non senza livore la direzione del Corriere d’Informazione. Sembra ormai tagliato fuori dalle grandi strategie politiche ed editoriali dei quotidiani. Anche se il suo esilio è effettivamente più breve del previsto. Il 6 novembre del 1976 è chiamato a dirigere La Gazzetta dello Sport, ormai in perenne discesa nei numeri della vendita che la Rizzoli vuole assolutamente rilanciare. In pochi mesi la rosea diventa il giornale con la maggior percentuale di incremento delle vendite, ben il 45,3%, non solo nella graduatoria dei quotidiani sportivi. Tra il 1980 e il 1983 la Gazzetta diventa il quotidiano fra quelli sportivi e non più venduto in Italia. Il giorno dopo la vittoria ai Mondiali di Spagna nel luglio del 1982 vende 1.374.000 copie. Palumbo riceve i complimenti e le congratulazioni di tutti, anche da un grande imprenditore come Gianni Agnelli, meno che da quel Brera, che al suo arrivo in via Solferino abbandona la rosea. Un’altra sfida, ad ogni modo, si presenta all’orizzonte ed il 13 marzo del 1984 arriva sulla sua scrivania la proposta per la direzione del Corriere della Sera, la testata più prestigiosa ed ambita del nostro paese. L’incarico partirebbe dal 19 giugno, la Rizzoli gli affida una nuova sfida. Ma la penna magica di Palumbo questa volta deve fermarsi, anche se avrebbe tutte le carte in regola per accettare questo nuovo incarico. Un male incurabile lo sta distruggendo lentamente. Allora rimane al fianco della moglie Carmen fino ai suoi ultimi giorni del 1987, quando muore nella sua casa in via Pascoli a Milano. Se ne va in punta di piedi Gino Palumbo, comunque acclamato e rimpianto da tutti. Aveva sicuramente cambiato il volto dell’informazione giornalistica italiana e dello stesso sport nostrano, che il maestro Palumbo aveva presentato e raccontato con toni nuovi e spettacolari. Uno sport vero e genuino, lontano dai contorni e dal business televisivo, assolutamente dedito ai valori e dal volto umani.

1 Comments:

At giovedì, 23 febbraio, 2006, Anonymous Anonimo said...

BRAVI!
Fantasia Simpatia Competenza.
Questa sezione poi è davvero importante: chi ha dato lustro alla nostra Città con la sua opera merita un posto privilegiato nella memoria!

 

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