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12 febbraio 2006

No al calcio moderno, no alla pay-tv

Il nostro amico "Old Fan", parte integrante del nostro team, ci ha inviato un articolo che pubblichiamo con piacere... Al di là di rinnovamenti tecnico-tattici presunti o tali, il calcio moderno si identifica inconfutabilmente nel suo smisurato ampliamento della dimensione mediatica. In particolar modo del mezzo televisivo, che ha contaminato fino all’inverosimile la stessa struttura calcistica del “palazzo”. Negli ultimi 10 anni il calcio in Italia, come del resto nei paesi europei più evoluti, ha vissuto appieno la sua trasformazione attraverso i palinsesti della pay-tv. Un aspetto che sembrava essersi introdotto lievemente nell’agosto del 1993, quando per la prima volta una partita della Serie A del campionato italiano si è disputata in notturna per esigenze televisive. Nell’occasione Lazio e Foggia conclusero le proprie fatiche sullo 0-0, inaugurando l’era del campionato della pay-tv. In 50 anni di storia la televisione ed il calcio avevano vissuto in simbiosi, anzi il tubo catodico aveva contribuito in maniera determinante a far diventare il calcio uno sport popolare, tuttavia senza eccessi ed esasperazioni. Ad ogni modo, nessuno mai avrebbe immaginato che poi la stessa televisione avesse gestito i calendari e le sorti dei campionati. Infatti, da quella domenica di agosto del ’93 il posticipo di una partita della Serie A divenne una consuetudine, come per la B l’anticipo al venerdì sera. Nel giro di un paio di stagioni il campionato di calcio perse la sua caratteristica più naturale. L’appuntamento domenicale del pomeriggio, che tutti i tifosi dedicavano alla loro squadra del cuore, spariva mestamente. Si inaugurava quello che tristemente fu ribattezzato il campionato-spezzatino, perché fra posticipi, anticipi, gare in notturna e pomeridiane diventava difficile capire una giornata del campionato quando iniziava e quando la stessa finiva. La Serie A e B furono tornei completamente sconquassati dalla nuova politica televisiva. Il calcio diventava sempre più un fattore televisivo soprattutto finanziato dai soldi della pay-tv, accrescendo gli interessi economici e politici di presidenti e manager, che avevano rinsaldato le loro alleanze all’interno dell’industria del pallone. A margine del complesso sistema di interessi del football figurano i diritti dei tifosi ormai depredati delle bellezze maggiori dello sport più amato e seguito del mondo. I sapienti dirigenti del calcio mondiale sono riusciti a snaturarlo dei suoi aspetti migliori, credendo di sostituire le emozioni dei gradoni popolari e pregni di storia degli stadi con le poltroncine della pay-tv. Il calcio moderno si è impoverito tecnicamente e tatticamente, ma soprattutto sotto il profilo etico e romantico. La pay-tv con le sue cordate di truffaldini investitori ha tolto agli amanti del football quel calcio dal sapore antico e romantico che molti tifosi vogliono ricordare. Di conseguenza gli interessi economici si sono accresciuti in maniera macroscopica, facendo lievitare i contratti dei calciatori, arricchendo i club già economicamente più forti ed indebitando irrimediabilmente quelli più deboli. Il calcio è approdato in Borsa, posponendo il fattore economico a quello agonistico. Tra il 2002 e il 2003 questa speculativo sistema ha condotto al fallimento squadre che hanno scritto la storia del calcio italiano come la Fiorentina, il Torino e il Napoli, seguite da una miriade di compagini del panorama della C e scongiurandolo provvidenzialmente alle due squadre della Capitale. Molti proprietari dei club avevano individuato nei soldi erogati dalla pay-tv una svolta economica epocale, investendo enormi capitali prima ancora di averli intascati, gonfiando stipendi tra contratti principeschi e plusvalenze. Questa prospettiva proposta da Murdoch si è invece rivelata utopica ed oggi il pallone, almeno nei confini nostrani, è scoppiato con impegni economici da onorare e soldi che mancano clamorosamente. Soltanto una repentina inversione di rotta potrebbe garantire futuro e solidità a questo sport. Purtroppo a tenere fede al movimento del pallone sono rimasti solamente i tifosi con la loro passione, il loro seguito, con la speranza e l’intenzione di riassaporare quel calcio dal sapore antico, così genuino e così vero. Non sarà facile ad ogni modo contro le potenze economiche e politiche della pay-tv, sebbene molti in questo sistema sembrano rivoltarsi contro. Ormai i soldi della televisione mascherano anche esigenze agonistiche ed ambientali palesi. Ad esempio, con quale criterio nei mesi invernali le partite vengono giocate in notturna con temperature polari? E’ capitato di assistere in questi anni a partite del torneo cadetto di venerdì o lunedì sera dove le condizioni atmosferiche proponevano soltanto esibizioni di non-calcio. Giocatori infreddoliti e spalti semideserti con l’utente della pay-tv a godersi l’anticalcio per eccellenza. Ma probabilmente neanche questo frena gli speculatori del pallone. Nel 1994 la Coppa del Mondo fu giocata negli USA e le gare si disputavano alle 12 o alle 14 con temperature che sfioravano o raggiungevano i 40°. Il tutto per garantire la copertura televisiva in tutto il pianeta. Non è azzardato dire che il mondiale americano fu il più brutto di tutta la storia del calcio. Intanto mentre la pay-tv continua ad imperversare nelle nostre tradizioni e nei nostri costumi calcistici e non qualcuno ha pensato fortunatamente di non uniformarsi al sistema. Gli ultras, unicamente chiamati in causa quando accusati ed additati soltanto per violenze o quantomeno di note negative, in tutti gli stadi d’Italia stanno combattendo tenacemente la politica della pay-tv e del calcio moderno. Almeno potranno dire di non essere stati complici della scomparsa del gioco più bello del mondo.

1 Comments:

At lunedì, 13 febbraio, 2006, Anonymous Anonimo said...

Verissimo!
Non ne possiamo più!

 

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