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10 settembre 2006

Omaggio a Franco Liguori

Ovviamente è vivo, non vi allarmate!...Ma voglio ringraziarlo ancora e ricordare le sua bellissima e sfortunata Cavese che nel 85/86, ultimo anno di C, fece un gran campionato!! Tutti a Cava lo ricordano, anche perchè ritornò 10 anni fa a salvarci in D, e oggi finalmente, dopo vent'anni, riprendiamo il discorso da dove lo avevamo lasciato...Inutile nasconderlo, all'epoca avevo 13 anni e la delusione di vedere la squadra (con diverso organico) che appena due anni prima trionfava a San Siro, finire sotto inchiesta per poi fallire, fu una delusione fortissima!Ancor più forte fu la delusione di vedere i biancoblu falliti di nuovo e retrocessi in eccellenza, perdere nome, titolo, prestigio e dignità.Oggi tutto è passato e la Cavese ritorna fiera davanti agli unici che la dignità non l'hanno mai persa:i suoi tifosi di sempre!!Quei 500 "malati"che non sono mai andati via!A loro dobbiamo tutti noi dedicare la partita del ritorno dell'aquilotto!!!... ....10 gennaio 1971: A San Siro si gioca Milan-Bologna. I rossoneri, primi in classifica, sembrano avviati a ripetere lo strepitoso torneo del 1968, quello che aprirà loro le porte ala partecipazione, e alla successiva conquista, della Coppa dei Campioni. Gli emiliani, dopo alcuni anni di declino seguiti allo scudetto 1964 e, soprattutto, alla morte del presidentissimo Renato Dall'Ara, sembra in netta ripresa e naviga nelle zone alte della classifica. Buona parte del merito spetta a Franco Liguori, stantuffo dai piedi buoni (più Tardelli, o Rijkaard che mediano classico), uno che garantisce i rifornimenti al cervello Bulgarelli ma non disdegna la sgroppata, il lancio, la conclusione. Dopo un quarto d'ora la gara di San Siro è ancora ferma sullo 0-0: Liguori scende verso la trequarti, la sua inconfondibile falcata procede verso l'area milanista. Quando ecco irrompere sulla scena il polpaccio teso di Romeo Benetti (anche lui allenatore, ma deludente, della Cavese), a chiudere sull'avversario alla "o la va o la spacca".Chi ha più di 30 anni ha già capito come andò a finire perchè Benetti era un autentico pit bull. La spacca: mentre il pallone viaggia rasoterra, l'intervento di Benetti è incomprensibile, assurdo, violento, crudele. Tacchetti che affondano nel ginocchio di Liguori, infischiandosene del pallone, l'arto del bolognese subisce una torsione anomala, incongrua. Tutto salta, tutto si fa buio: "Il ginocchio rimase attaccato a un solo legamento" ricorda Liguori. "Fu un intervento inconcepibile: era chiaro, guardando le immagini, che Benetti doveva fermarmi, bisognava impedirmi di fare il bello e il cattivo tempo. Di sicuro non aveva intenzione di rovinarmi, il suo voleva essere un fallo per così dire tattico, intimidatorio. Il risultato, però, fu ben diverso". Per Liguori si schiudono le porte del purgatorio, le porte di una sala operatoria dell'ospedale di Lione. Il famoso professor Trillat, lo stesso che giusto pochi mesi prima aveva dovuto rimettere in piedi Gigi Riva, ricompone il ginocchio del talento bolognese. Il quale però, nel frattempo, deve rinviare l'appuntamento con la Nazionale: "Valcareggi mi aveva contattato il giovedì precedente quella gara col Milan: mi voleva provare in azzurro nell'amichevole di febbraio a Cagliari contro la Spagna..." Per Franco Liguori, venticinquenne napoletano, è l'inizio di un calvario senza fine. "Credo che a volte sia anche questione di destino" insiste "La domenica prima di giocare a San Siro, cioè il 3 gennaio a Bologna, subii un infortunio alla caviglia 'grazie' al veronese Mascalaito che mi scaraventò addirittura contro i tabelloni pubblicitari. Fecero di tutto per rimettermi in piedi in vista della partitissima. E ci riuscirono. Purtroppo." Come si comportò Benetti? "Venne anche a trovarmi in clinica a Lione, insieme al suo capitano Rivera. Mi è capitato di incontrarlo ancora in qualche trasmissione. Mi ha confessato che il mio infortunio gli ha lasciato il segno per dieci anni. 'Sapessi a me' gli ho risposto". Liguori si era messo in luce nella Ternana. Tre anni di C, poi la promozione degli umbri rossoverdi fra i cadetti. Non sono pochi a mettere gli occhi su quel talento tuttofare, un o che in campo potrebbe occupare ogni posizione. "Tanto che iniziai come centravanti. In seguito venni impiegato anche come ala destra. Fu poi Corrado Viciani (altro glorioso tecnico bianco blu), a Terni, a sistemarmi in mezzo al campo. Anche se all'occorrenza lo stesso Viciani mi schierava terzino. Non come marcatore, sia chiaro, bensì come fluidificante. Una novità pressoché assoluta in quella metà degli metà degli anni Sessanta..." Poi l'infortunio, la lenta riabilitazione: "Impiegai invece un anno esatto prima di calcare ancora un terreno di gioco. Per sistemarmi in panchina". Ma in quel Bologna 1971-72 Liguori, non ancora in perfetta forma, giocherà solo quattro partite. "Il peggio però venne nel 1972-73. Stavo bene, ero sicuro di essere tornato quello di una volta. Il nuovo allenatore Pesaola, però, non la pensava allo stesso modo. Mi fece giocare in tutto sette partite, senza mai fornirmi spiegazioni. Fu durissima. E devo ringraziare i vecchi, primo fra tutti Bulgarelli, che fecero di tutto per rincuorarmi. Altrimenti, credo, sarei impazzito". Liguori in ogni caso capisce che a Bologna, o meglio in quel Bologna, non tira più l'aria giusta per lui: era arrivato giovane talento, pieno di energie e buonumore. Si ritrova a 27 anni taciturno e permaloso, con il tempo che scorre e quel Benetti che, intanto, ha preso il "suo" posto in Nazionale. Bisogna cambiare aria, e il cambiamento gli giova: Liguori è ceduto in prestito al neopromosso Foggia, Toneatto è finalmente allenatore che gli dà piena fiducia. "Disputai 26 partite in quella stagione. Certo il Foggia era un'altra cosa, tanto che alla fine retrocedette in B, ma io ero soddisfatto. Avevo dimostrato a tutti, e soprattutto a me stesso, che ero ancora un calciatore, che il mio fisico rispondeva. Ero tornato quello di prima, pronto a rigiocarmi, al Bologna che mi aspettava a fine stagione, la carta della mia carriera..." Invece? "Invece andò diversamente. La società aveva ormai provveduto ad acquistare Claudio Maselli quale mio 'sostituto', mentre in panchina sedeva sempre Pesaola. Era chiaro che per me non c'era più spazio. A novembre mi cedettero al Brindisi, in serie B, ma non ero disposto, dopo tutti i sacrifici che avevo fatto a inizio carriera e ancora durante il lungo periodo della riabilitazione, ad accettare un declassamento che non trovava nessun riscontro sotto il profilo tecnico. Così, al termine di quella stagione in Puglia, piantai lì e decisi di voltare ancora pagina: restavo nel calcio, avrei fatto l'allenatore." Che ricordi le sono rimasti, fuori dal campo, di quegli anni? "Ricordi offuscati, grigi. Il calcio era ed è la mia vita - adesso faccio l'osservatore per la Under 21 di Gentile - quello che mi era capitato mi aveva segnato una volta per tutte...