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29 luglio 2007

CAVESE 1 - FROSINONE 2

Finalmente riparte la webcronaca. Nonostante la buona prestazione la Cavese non riesce ad imporsi sulla formazione ciociara che dopo un goal annullato a Tarantino, sblocca il risultato con il solito Evacuo e successivamente porta a due le segnature con un rigore abbastanza "generoso" concesso dall'arbitro. Nella ripresa continua la pressione degli Aquilotti che trovano il goal con il solito Peppe Aquino. In sostanza una Cavese che ha sucitato un'ottima impressione e che lascia certamente ben sperare per il futuro. Assente preannunciato Tony D'Amico, sul quale crediamo si sia già detto tutto e il contrario di tutto. A nostro avviso proprio un giocatore con i suoi trascorsi in casacca biancoblu, ha l'obbligo di stringere i denti e di non mollare nei momenti più difficili. Se ora tutti devono rimettersi in discussione tocca per primi a gente con i suoi trascorsi sudare e lottare dimostrando di meritare certe "posizioni". Tutti siamo affezionati a Tony D'amico, ma la recente esperienza "Campilongo" ci ricorda che tutti passano, resta solo la maglia. ALÈ CAVESE! vai alle "foto_Petrolini"

22 luglio 2007

Il profeta del goal

di Vincenzo Paliotto. Il profeta del gol è il titolo di un famoso film che uscì nelle sale cinematografiche nel 1976, scritto e diretto dalla voce gracchiante di Sandro Ciotti ed impreziosito dal suo talento giornalistico ricco e fluente e mai banale. La pellicola narra in termini entusiastici della carriera del grande giocatore olandese Johann Cruyff, fuoriclasse che esplose sul finire degli Anni Sessanta che si poteva definire l’uomo nuovo del calcio mondiale. Perché se di Maradona e Pelè si può dire che siano stati i migliori in assoluto, Cruyff è stato senza dubbio il maggior talento mai espresso dal calcio europeo e soprattutto simbolo ed immagine di un calcio nuovo ed un costume di vita innovativo. Oltretutto Johann Cruyff fu la maggiore espressione di qual calcio totale professato dall’Ajax e dalla Nazionale Olandese che strabiliò la scena mondiale. Il virgulto nato ad Amsetrdam il 25 aprile del 1947 impressionò per le sue sfavillanti doti atletiche unite ad un talento tecnico fuori dal comune. In quanti di noi di quella generazione degli Anni Settanta avremmo voluto giocare al calcio come Cruyff. Dotato di grande rapidità nella corsa e nelle giocate, Il Tulipano volante, altro azzeccato soprannome, era quasi inarrestabile in progressione, lucido ed ubriacante nei dribbling, ma anche freddo ed estremamente efficace in zona-gol. Il giocatore che indossava quasi sempre una maglia con il numero 14, che divenne famoso in tutto il mondo, spese la sua carriera soprattutto tra l’Ajax, la squadra in cui era cresciuto, ed il Barcellona (è in suo onore la scelta dell'arancione come seconda divisa dei catalani ndr), che lo acquistò a peso d’oro, prima di emigrare nel soccer statunitense con Los Angeles Aztecs e Washington Diplomats per poi tornare ad Amsterdam e chiudere la carriera con gli arcirivali di sempre del Feyenoord. In carriera dominò con l’Ajax il panorama europeo vincendo tre volte la Coppa dei Campioni, ma lasciò un ricordo indelebile anche nel Barca. Oltretutto diffuse il nuovo verbo calcistico con la sua fantastica Olanda, partecipando alla Coppa del Mondo del 1974, dove arrivò in finale sconfitta dai padroni di casa, ma uscendo come vincitore morale della rassegna iridata. In Germania Cruyff realizzò gol di pregevole fattura a Brasile, Argentina e Uruguay in compagnia degli ottimi Neeskens, Rep, Krol e Van Hanegem, costituendo una squadra leggendaria. Cruyff e gli olandesi ebbero il merito di esprimere negli Anni Settanta un calcio nuovo e libero dagli schemi. Meno rigido e più fantasioso, espressione di un movimento giovanile evolutosi e più avanti con i tempi. Il talento olandese dominò le scene mondiali in quegli anni. La sua vita agonistica è costellata di successi: 5 scudetti olandesi, 3 Coppe dei Campioni, 1 Intercontinentale, 2 Supercoppe Europee, 1 Liga spagnola e 1 Copa del Rey ed 1 scudetto con il Feyenoord. Johann ha vinto anche per 3 volte il Pallone d’Oro Le suggestive immagini ne ripercorrono la sua brillante carriera ricca di gol e soddisfazioni. I gol e le giocate ne rendono l’idea di calciatore universale e senza limiti così come voleva essere l’espressione del calcio totale. Simpatico il rigore battuto in combinazione con il danese Jesper Olsen nel campionato olandese. Tocco laterale per il danese e nuovo cross al centro per Cruyff che insacca. Fu la prima volta che un rigore veniva battuto in questa maniera. Cruyff rappresentò il mito di una generazione che voleva cambiare e che stava rapidamente cambiando e che modernizzò il calcio verso una direzione più atletica, veloce e coinvolgente, ma senza cambiare le regole del gioco, anzi appassionando ancora di più i tifosi. Ad ogni modo, nonostante la sua popolarità, Cruyff rimase un personaggio ed un campione essenzialmente vero, lontano dalle cronache rosa e dalle veline, che arrivava in ritiro quasi mai abbronzato dagli effetti delle lampade e con atteggiamento poco da divo, anche perché la vera star rimaneva sostanzialmente lui. Nel 1978 non partecipò ai Mondiali d’Argentina, idea condivisa dal tedesco maoista Paul Breitner, per protestare con la dittatura militare che governava il paese sudamericano. Con molta rabbia e nostalgia diremmo che nel calcio attuale ci manca un altro Cruyff.

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19 luglio 2007

Volti nuovi: Federico Giampaolo

14 luglio 2007

Il personaggio: Helmut Ducadam

di Fabio (Strippoli) Apicella. Per gli appassionati di calcio internazionale una delle icone calcistiche degli anni ’80 è sicuramente il portiere romeno Helmut Ducadam (che nella foto al lato ricorda un po' il nostro Paleari) . Il biondo portiere, nella finale di Coppa Campioni tra il Barcellona e la Steaua Bucarest, fu capace di parare 4 rigori su 4, permettendo alla squadra romena di diventare la prima, ed ultima, squadra dell’est Europa a vincere il massimo trofeo continentale. Ma andiamo per ordine, Ducadam, nato ad Arad nel 1959, vive nel periodo in cui in Romania si è nel pieno del regime comunista imposto dallo storico leader Nicolae Ceausescu. Lo Steaua è antagonista della Dinamo Bucarest, altra squadra storica, ed è la miglior squadra della nazione. Tra le proprie file annovera calciatori del calibro di Belodedici, che in seguito, in fuga dal regime, sarà un bandiera della Stella Rossa di Belgrado acquisendo anche la nazionalità slava. Oltre al forte libero, nella Steaua gioca anche Marius Lacatus, che in futuro vestirà la casacca della Fiorentina e che forma il reparto offensivo insieme con Boloni e Piturca. L’allenatore del team è un ufficiale dello stato, come tutti del resto, Jenei. Il tecnico riesce nell’impresa, grazie ad un gioco essenziale e senza troppi fronzoli, di portare la propria squadra a disputare la finale di Coppa Campioni contro il blasonato Barcellona, allenato dal tecnico d’oltremanica Terry Venables. La finale si svolge al “Sanchez Pizjuan” di Siviglia dinanzi a circa 70000 spettatori, praticamente il Barça gioca in casa, e non bastano al Barcellona campioni del calibro di Schuster, Victor ed Archibald per scardinare la difesa rumena. La squadra rumena agisce in contropiede e cerca di far male con la fantasia di Lacatus. La gara, però, risulta alquanto noiosa e termina a reti bianche. Si va, quindi, alla lotteria dei calci di rigore ed è qui che sale alla ribalta il baffuto Ducadam. Il pipelet rumeno riesce a parare tutti e 4 i penalty tirati, nell’ordine, da Alesanco, Pedraza, Pichi Alonso e Marcos, riuscendo a mantener inviolata la propria porta. Anche il portiere spagnolo, Urruti, riesce a parare due rigori ma nulla può sulle conclusioni di Lacatus e Boloni. Il trofeo per la prima, ed unica, volta viene vinto da una squadra dell’est e Ducadam diventa un vero e proprio eroe. Gli organizzatori lo eleggono migliore in campo e lo premiano con una fiammante Mercedes. Passano alcune settimane e succede l’impensabile. Con uno scarno comunicato la Steaua dichiara che Helmut Ducadam è costretto a lasciare l’attività a causa di un’artrosi ad entrambi le mani. In seguito, con la caduta del regime comunista, si saprà che a per una discussione, nata a causa della Mercedes avuta in premio dall’ UEFA, avuta con il figlio del dittatore, gli furono spezzate entrambe le mani. Finisce così la carriera di un calciatore la cui colpa fu solo di difendere il premio vinto nel modo in cui ancora nessuno è riuscito ad emulare. VAI AL VIDEO (una vera chicca)

08 luglio 2007

C’era una volta la Coppa delle Coppe

di Vincenzo Paliotto. Nella peraltro ristretta gerarchia del calcio del Vecchio Continente fino alla stagione del 1998/99 le coppe europee inderogabilmente riconoscevano tre squadre campioni a livello internazionale in ogni annata calcistica. Campione d’Europa in assoluto risultava la squadra vincitrice della Coppa dei Campioni, quindi a seguire la Coppa delle Coppe che laureava la migliore tra le squadre vincitrici della coppa nazionale ed infine la Coppa UEFA, il torneo con un maggiore numero di partecipanti e quasi sempre all’altezza tecnicamente della Coppa dei Campioni. Il suicidio del calcio moderno nel 1999 portò allora all’estinzione della Coppa delle Coppe, le cui partecipanti confluivano teoricamente nella UEFA con il potenziamento assoluto della nuova Champions League. Eppure la Coppa delle Coppe poteva vantare una storia di indubbio rispetto e tradizione. Inaugurata per la prima volta nel 1960, portò sul trono continentale quasi sempre club di livello assoluto in edizioni in prevalenza molto combattute. Oltretutto la coppa nazionale in alcuni paesi vale molto di più che il campionato a cominciare da Inghilterra, Scozia e Spagna, ma anche Francia, Olanda e Portogallo. Inoltre la Coppa delle Coppe permetteva anche a club più piccoli di partecipare alla ribalta europea, dopo aver avuto fortuna nella coppa del proprio paese. In più di una occasione hanno partecipato alla competizione anche club delle divisioni inferiori, come l’Atalanta nell ’88 che giocava in Serie B, ma anche diversi club britannici, in modo particolare i gallesi che si davano battaglia nella Coppa del Galles, ma che giocavano nelle divisioni inferiori della lega inglese. Curiosamente la prima edizione della Coppa delle Coppe fu vinta da una squadra italiana la Fiorentina e l’ultima da un’altra squadra del nostro paese la Lazio. Nel mezzo club che hanno fatto la storia del calcio europeo: Ajax, Liverpool, Milan, Juve, Anderlecht, Tottenham, Barcellona ed altre ancora. Nell’occasione le immagini si riferiscono ad una delle edizioni più belle e ad una delle finali più combattute della storia quella del 1978/79, disputata a Basilea tra il Barcelona e il Fortuna Dusseldorf. I catalani, rinforzati dall’olandese Neeskens e dall’austriaco Krankl, vinsero per 4-3 dopo i tempi supplementari in una finale spettacolare. Aprì le marcature al 5’ Sanchez, pareggiò subito Thomas Allofs al 7’, che in attacco giocava in compagnia dell’altro Allofs, Klaus. Dopo un rigore fallito da Rexach e parato da Daniel, raddoppiarono i blaugrana al 34’ con Asensi. Ma il Fortuna non mollò ed impattò ancora con Seel sul finire del primo tempo. Soltanto ai supplementari la spuntò il Barca con un gol di Rexach, il cui tiro subì comunque una deviazione decisiva, ed un altro dell’implacabile cannoniere Krankl, prima che l’irriducibile Seel firmasse il gol del 4-3 finale. Una partita bellissima e combattuta che rende onore ad una Coppa tristemente ed ingiustamente defunta. Uno dei più grandi delitti compiuti dal calcio moderno e tra quelli maggiormente rimasti impuniti. Oltretutto crediamo che nessuno degli attuali dirigenti calcistici in circolazione abbia la capacità ed il buon senso di ripristinare un torneo bello e ricco di storia. Purtroppo per i tifosi di calcio.

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07 luglio 2007

Benvenuto Mister!

04 luglio 2007

Se fossi Sindaco ....

Con enorme piacere pubblichiamo questo video nato dall'idea del sempre geniale Alex sParrocchia. Alé.